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Leonida Bombace
tra i fondatori Associazione NoCap
1969-2021

Foggia, la moglie indagata per caporalato: il prefetto Michele Di Bari si dimette da capo dell’Immigrazione

Dic 10, 2021 | Blog NoCap

Nell’operazione indagate 16 persone, cinque gli arresti. Il funzionario dal 2019 dirige il Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Viminale. Per la donna c’è l’obbligo di dimora. Il prefetto: «Mia moglie certa della sua estraneità»

Il prefetto Di Bari

Il prefetto Di Bari

Sono 16 le persone coinvolte in una inchiesta della procura di Foggia e dei carabinieri contro il caporalato. Il blitz, messo a segno questa mattina, ha portato in carcere due persone – due extracomunitari – tre sono andate ai domiciliari e undici hanno avuto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Per tutti le accuse sono di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.L’operazione è stata portata a termine dai carabinieri della compagnia di Manfredonia e dal nucleo dei carabinieri dell’Ispettorato del lavoro. Una indagine che si è focalizzata nel periodo tra luglio e ottobre del 2020. Nel corso delle indagini è stata anche richiesta l’assoggettamento al controllo giudiziario di dieci aziende agricole riconducibili ad alcune delle persone coinvolte nell’operazione di oggi. Da indiscrezioni tra le persone coinvolte ci sarebbe anche Rosalba Livrerio Bisceglia, la moglie del prefetto Michele Di Bari, 62 anni di Mattinata, nel foggiano, dal 2019 capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Viminale. Per la donna è scattato l’obbligo di dimora.

Si dimette Di Bari: «Mia moglie certa della sua estraneità»
Il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del ministero dell’Interno, Michele di Bari, alla luce dell’inchiesta sul caporalato in cui è coinvolta la moglie, «ha rassegnato le proprie dimissioni». Lo ha reso noto il Viminale. Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha accettato le dimissioni del prefetto Michele di Bari dall’incarico di capo dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione. Il prefetto spiega: «In relazione alle notizie di stampa, desidero precisare che sono dispiaciuto moltissimo per mia moglie che ha sempre assunto comportamenti improntati al rispetto della legalità. Mia moglie, insieme a me, nutre completa fiducia nella magistratura ed è certa della sua totale estraneità ai fatti contestati».

I dettagli dell’operazione
Avrebbero utilizzato come manodopera decine di lavoratori africani, per coltivare terreni agricoli di dieci aziende della Capitanata, in condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno derivante dalle condizioni di vita precarie e dalla circostanza che essi dimoravano presso baracche e ruderi fatiscenti della baraccopoli dell’ “ex pista” di Borgo Mezzanone, pretendendo dagli stessi anche del denaro sia per il trasporto che per l’intermediazione. E’ quanto scoperto dai carabinieri del comando provinciale di Foggia che, al termine delle indagini coordinate dalla procura, hanno arrestato cinque persone, due in carcere e tre ai domiciliari. Altre 11 persone hanno avuto l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria.

Il coinvolgimento della donna
Tra questi undici anche la moglie del prefetto Michele Di Bari, originario di Mattinata e dal 2019 capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, alle dipendente del Ministero dell’Interno. Il prefetto Di Bari dopo aver appreso la notizia del coinvolgimento della consorte nell’inchiesta si è dimesso dall’incarico. Per i sedici le accuse, a vario titolo, sono di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Da luglio a ottobre del 2020, gli inquirenti avrebbero scoperto un sistema di selezione, reclutamento, utilizzo e pagamento della manodopera messo in piedi dai caporali e proprietari delle aziende. Gli inquirenti avrebbero verificato che un cittadino gambiano di 33 anni – già coinvolto in una operazione anti caporalato nei mesi scorsi -, con l’aiuto di un senegalese di 32 anni, anch’egli domiciliato nell’ex pista, svolgeva il ruolo di “anello di congiunzione” tra i rappresentanti di dieci aziende agricole del territorio e i braccianti.

Il reclutamento dei braccianti
Alla richiesta di forza lavoro che veniva avanzata dalle aziende, i due extracomunitari avrebbero reclutato i braccianti all’interno della baraccopoli, provvedendo al loro trasporto presso i terreni. Stessi extracomunitari che avrebbero sorvegliato i braccianti durante il lavoro, pretendendo da ogni bracciante 5 euro per il trasporto e altre 5 euro per aver trovato loro il lavoro. Nelle indagini è merso che il gambiano si occupava anche di dare direttive ai braccianti sulle modalità di comportamento in caso di eventuali ispezione da parte dei carabinieri. Caporali, titolari e soci delle aziende avevano messo in piedi un apparato, definito dagli inquirenti “quasi perfetto”, che andava dall’individuazione della forza lavoro necessaria per la lavorazione dei campi, al reclutamento della stessa, fino al sistema di pagamento.

Le retribuzioni
Retribuzione che era palesemente difforme da quella stabilita dal contratto nazionale del lavoro, nonché dalla tabella paga per gli operai agricoli a tempo determinato della provincia di Foggia. Le buste paga, infatti, sono risultate non veritiere, poiché nelle stesse erano state indicate un numero di giornate lavorative inferiori a quelle realmente prestate dai lavoratori, senza tener conto dei riposi e delle altre giornate di ferie spettanti. I lavoratori, tra l’altro, non erano stati neanche sottoposti alla prevista visita medica. Il gip del tribunale di Foggia ha anche disposto il controllo di dieci aziende agricole, riconducibili a 10 dei soggetti colpiti da misura cautelare. Stando agli inquirenti il volume d’affari delle aziende coinvolte nell’inchiesta erano di circa cinque milioni di euro.L

Il gip: la moglie del prefetto sfruttava i lavoratori
«La moglie del prefetto di Bari impiegava nella sua azienda «manodopera costituita da decine di lavoratori di varie etnie» per la coltivazione dei campi «sottoponendo i predetti lavoratori alle condizioni di sfruttamento» desumibili «anche dalla condizioni di lavoro (retributive, di igiene, di sicurezza, di salubrità del luogo di lavoro) e approfittando del loro stato di bisogno derivante dalle condizioni di vita precarie». Lo scrive il Gip del tribunale di Foggia nell’ordinanza nei confronti degli indagati per l’inchiesta sul caporalato. Rosalba Livrerio Bisceglia, moglie del prefetto Michele di Bari, «è consapevole delle modalità delle condotta di reclutamento e sfruttamento». Gli indagati sono risultati adusi all’utilizzo e allo sfruttamento di manodopera extracomunitaria a basso costo, hanno dato dimostrazione di una elevata «professionalità» nell’organizzare l’illecito sfruttamento della manodopera e hanno palesato una non comune capacità operativa e una sicura impermeabilità al rispetto delle regole (rileva a riguardo che le predette condotte sono state realizzate nei confronti di un numero elevato di lavoratori e per un lungo arco temporale)». È quanto scrive il gip di Foggia nell’ordinanza cautelare.

Trattava con i caporali
Nell’ordinanza del gip emerge che la moglie dell’ormai ex capo del Dipartimento di immigrazione del Viminale Michele di Bari trattava direttamente con Bakary Saidy, uno dei due caporali finiti in carcere nell’inchiesta di Foggia. Nell’ordinanza si legge che Saidy portava nei campi i braccianti dopo averli reclutati «in seguito alla richiesta di manodopera avanzata da Livrerio Bisceglia, che comunicava telefonicamente il numero di lavoratori necessari sui campi». Lavoratori «assunti tramite documenti forniti dal Saidy» che per questo «riceveva il compenso da Livrerio Bisceglia». «Porta da Nico tutti i documenti. Devi portare prima perché così io devo fare ingaggi… e poi il giorno dopo iniziate a lavorare». È quanto afferma Rosalba Bisceglie Livrerio rivolgendosi al «caporale» Bakari Saidy in una intercettazione citata dal gip nell’ordinanza di custodia cautelare.

La consapevolezza
Rosalba Livrerio Bisceglia, moglie del prefetto Michele di Bari, «è consapevole delle modalità delle condotta di reclutamento e sfruttamento». Lo scrive il gip di Foggia nell’ordinanza . «È emerso, si legge nell’ordinanza, «che la Livrerio Bisceglia ha impiegato per oltre un mese braccianti reclutati dal Saidy (il gambiano Bakary Saidy, uno dei due `caporali´ arrestati, ndr) al quale ella si è rivolta direttamente». La donna, aggiunge il magistrato, «è consapevole delle modalità delle condotta di reclutamento e sfruttamento, nella misura in cui si rivolge ad un soggetto, quale il Saidy, di cui non può non conoscersi il modus operandi». L’indagata, prosegue il documento, «dispone del numero di telefono del Saidy e chiama costui personalmente, si preoccupa, dopo i controlli, di compilare le buste paga, chiama Saidy e non i singoli braccianti per dirgli come e perché si vede costretta a pagare con modalità tracciabili e concorda, tramite Bisceglia Matteo (altro indagato, ndr), che l’importo della retribuzione sarà superiore a quella spettante e che Saidy potrà utilizzare la differenza per pagare un sesto operaio che, evidentemente, ha operato in nero». In particolare, viene rilevato, «i dialoghi sulle modalità di pagamento (successivi all’attività di controllo) costituiscono dati univoci del ruolo attivo dei Bisceglia nella condotta illecita di impiego ed utilizzazione della manodopera reclutata dal Saidy, in quanto rivelano una preoccupazione ed una attenzione per la regolarità dell’impiego della manodopera solo successiva ai controlli».

La moglie del prefetto al caporale: «Non posso darti soldi in contanti»
«Ci sentiamo…domani mattina noi andiamo in banca perché l’Ispettore del Lavoro mi ha detto che non posso fare in altro modo….non posso dare soldi in contanti..perché c’è stata anche l’ispezione… quindi.. vabbene…». È un passaggio di una intercettazione tra Rosalba Bisceglie Livrerio e il «caporale» Bakari Saidy in una intercettazione citata dal gip nell’ordinanza di custodia cautelare. Il dialogo nasce «dal tentativo di mettersi d’accordo su come pagare un bracciante che non disponeva di Iban», aggiunge il gip.

Il legale della donna
“I fatti addebitati alla mia assistita, peraltro molto circoscritti nel tempo e nella consistenza (poiché si sarebbero svolti – in ipotesi – in pochissimi giorni e riguarderebbero una quantità esigua di dipendenti), saranno al più presto chiariti nelle sedi competenti, dove potremo fugare ogni dubbio e, soprattutto, documentare l’assoluta estraneità della mia assistita a qualsivoglia ipotesi di sfruttamento dei lavoratori”. E’ il commento dell’avvocato Gianluca Ursitti, legale di Rosalba Livrerio Bisceglia, la moglie del prefetto Michele di Bari, ex capo del Dipartimento per l’immigrazione del Ministero dell’Interno – si è dimesso oggi subito dopo aver appreso del coinvolgimento della consorte nell’inchiesta- coinvolta in una operazione dei carabinieri di Foggia contro il caporalato nel foggiano. Cinque le persone arrestate, due in carcere e tre ai domiciliari, mentre undici quelle che hanno ottenuto l’obbligo di dimora, tra cui la stessa Rosalba Livrerio Bisceglia. “D’altra parte – continua l’avvocato Ursitti – quella dell’azienda è una storia di trasparenza e di legalità con radici antiche. La mia cliente è serena e fiduciosa nell’operato della magistratura”.

La moglie del prefetto: sempre pagato regolarmente
«La nostra è un’azienda che fa agricoltura da generazioni, la gestiamo io e le mie sorelle. Sono assolutamente serena per l’accaduto. Saprò dimostrare con carte alla mano la mia assoluta innocenza. Ho sempre pagato regolarmente con bonifici bancari». Lo ha dichiarato all’Ansa Rosalba Livrerio Bisceglia. «Mi hanno contestato di aver subito una ispezione il 15 settembre 2020, giorno stesso – aggiunge – in cui avrei assunto 12 braccianti, sei italiani e sei stranieri. Ma io ho tutta la documentazione che attesta che l’assunzione è avvenuta il giorno prima. Manodopera che ho sempre pagato regolarmente con bonifici bancari». L’imprenditrice, che ha un’azienda agricola dove coltiva grano, spinaci e olivi, dice di aver ricevuto il contatto con Bakary Saidy (uno dei due caporali arrestati) da un proprio collaboratore. «Sono dispiaciuta, ma allo stesso tempo serena. Sono un libro aperto», ha concluso.

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